Avatar, Dhana e la Corte
di Cassazione della Repubblica italiana Con sentenza n.
25837 del 16 novembre 2011, depositata il 2 dicembre 2011, mai
notificata, la II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione italiana
ha rigettato il ricorso presentato dagli amministratori di Avatar S.p.A.
contro il decreto della Corte d’Appello di Bologna del 14 dicembre 2005. Dalla suddetta sentenza è
stata addirittura tratta una massima di cassazione. Questa sentenza è una
vergogna per un paese civile. È chiaramente errata ed illegittima e sarà
proposto ricorso per revocazione (e se non basterà si ricorrerà a tutti i più
elevati livelli internazionali) per i motivi di seguito precisati (in
grassetto) punto per punto rispetto al testo della sentenza. Perché non tutti
accettano di essere trattati come sudditi e come ignoranti. Scrive, dunque, la Corte
di cassazione: Ritenuto che il Ministero
dell'economia e delle finanze, con decreto del 22 aprile 2005, irrogava a
Valerio Marusi Guareschi, a Tristano Marusi Guareschi e a Cheti Franceschi,
componenti del consiglio di amministrazione della s.p.a. Avatar, una sanzione
di importo pari a euro 206.582 ciascuno, ed ingiungeva il pagamento, quale
responsabile in solido, alla s . p . a. Avatar r per violazione dell'art. 94, comma l, del d.lgs. 24 febbraio l998, n. 58
(d'ora in poi anche TUF), per avere effettuato un'operazione di abusiva
sollecitazione all'
investimento, tramite una serie di siti Internet, avente ad oggetto
l'offerta al pubblico della "moneta della Repubblica della Terra",
la "dhana", nonché per violazione dell'art. 99, comma 1, lettera b), del medesimo decreto
legislativo, per inottemperanza al provvedimento di sospensione cautelare
della predetta sollecitazione all'investimento assunto dalla CONSOB; che la società Avatar, i
Marusi Guareschi e la Franceschi hanno proposto opposizione, ex art. 195 del
TUF; che nella resistenza della
CONSOB, la Corte d'appello di Bologna, con decreto in data 14 dicembre 2005,
ha respinto l'opposizione; che la Corte d'appello ha
rilevato: che la "dhana" non può essere qualificata moneta o mezzo
di pagamento, e pertanto alla stessa non è
applicabile
l'art. 1, comma 4, del TUF; che la "dhana"
rappresenta una forma di investimento di natura finanziaria; che la contestazione è
stata correttamente rivolta alla società Avatar e ai suoi amministratori
nella loro qualità di "proponenti" la sollecitazione
all'investimento; che le violazioni
contestate si presentano come estremamente gravi, e comunque tali da
giustificare le sanzioni irrogate; che per la cassazione del
decreto della Corte d'appello la società Avatar, Valerio e Tristano Marosi
Guareschi e Cheti Franceschi hanno proposto ricorso, con atto notificato l'8
febbraio 2006, sulla base di un unico, complesso motivo; che il Ministero dell'economia
e delle finanze e la CONSOB hanno resistito con controricorso. Considerato
che con l'unico motivo, i ricorrenti deducono violazione: dell'art. 42, primo
e secondo comma, Cost., sulla natura giuridica della moneta in generale e
della moneta "dhana" in particolare; dell' art. 1279 cod. civ.,
sulla qualificazione e definizione di moneta non avente corso legale; dell' art. 1, comma 4, del
d.lgs. n. 58 del 1998, sulla esclusione dei mezzi di pagamento dalla
applicabilità delle norme del TUF; dell'art. 191 del d.lgs.
n. 58 del 1998, sulla ritenuta attività di sollecitazione all' investimento
da parte di soggetti estranei al fatto ed alla misura delle sanzioni
amministrative; che i ricorrenti - premessa
una ricostruzione sulla natura giuridica della moneta - sostengono: che
"dhana", il cui scopo fondamentale è l'equa distribuzione della ricchezza fra gli
abitanti della terra, è un bene economico che rappresenta una misura di
valore e che può essere utilizzato come mezzo di pagamento e come riserva di
valore; che "dhana" è misura di valore perché
rappresenta sia il valore di un bene sia quello di un servizio
(rappresentando un grammo di platino fino e un' ora di lavoro normale), e
mezzo di pagamento, perché chi accetta "dhana" può scambiarla con
ogni altro bene economico detenuto da chi accetta "dhana"; che i ricorrenti censurano
l'affermazione della Corte d'appello secondo cui solo la moneta a corso
legale, poiché non può essere rifiutata, sarebbe mezzo di pagamento
monetario, e che ogni altro mezzo (o forma) di pagamento che possa essere
rifiutato sarebbe mezzo di pagamento diverso dalla moneta; che nel motivo si afferma
inoltre che "dhana" è emessa dall'ente Dhura che ne controlla anche il sistema monetario e
che né Avatar né i suoi amministratori, che non hanno potuto emettere
"dhana", hanno svolto alcuna funzione di sollecitazione
all'acquisto; che infine si censura
come assolutamente ingiustificata l'applicazione della sanzione
amministrativa nella misura massima; che il motivo è in parte infondato ed in
parte inammissibile; che correttamente la Corte
d'appello ha escluso la possibilità di comprendere "dhana" tra le
monete, e quindi tra i mezzi
di pagamento, di cui all'art. 1, comma 4, del testo unico delle disposizioni
in materia di intermediazione finanziaria; che infatti, la funzione
monetaria, comprendente la potestà di emissione della moneta e quella di
gestione del valore monetario, è espressione di funzione pubblica, e come tale si conforma agli
obiettivi e alle finalità stabiliti dall'ordinamento, nazionale e sovra
nazionale; Nessuna norma del diritto italiano e/o sovra
nazionale stabilisce che la “funzione monetaria” sia “espressione di funzione
pubblica” e vieta ad un soggetto privato di emettere una propria moneta. che in particolare, tanto
le previgenti leggi italiane sull'Istituto di emissione (regio decreto 28
aprile 1910, n. 204; regio decreto-legge 6 maggio 1926, n. 812, convertito in
legge 25 giugno 1926, n. 1262) quanto l'attuale disciplina (d. lgs. 10 marzo
1998, n. 43), adottata per permettere l'adeguamento dell'ordinamento
nazionale alle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea in
materia di politica monetaria e di sistema europeo delle banche centrali,
riservano alle pubbliche autorità l'emissione di moneta, essendone la
funzione di mezzo di pagamento assicurata dalla sanzione, anch'essa di fonte
legislativa, del "corso legale"; Le norme suddette riguardano esclusivamente le
monete a corso legale mentre Dhana non ha e non avrà mai corso legale. che ciò risulta confermato
dall' art. 128 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il quale,
nel sancire che «la Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di
autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione»,
prevede che «la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono
emettere banconote» , e che «le banconote emesse dalla Banca centrale europea
e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso
legale nell'Unione»; Dhana non è una banconota e non ha corso legale. che pertanto,
correttamente La Corte territoriale ha ravvisato in "dhana"
(notoriamente non accettata come generale mezzo di pagamento) un prodotto
finanziario, rappresentando questo un valore garantito da capitali di
imprese, il che costituisce un modo sintetico per indicare una quota o
comunque una parte di tali capitali; Nessuna norma del diritto nazionale e/o
internazionale stabilisce con che cosa possa essere garantita una moneta (a
parte il fatto che le attuali monete a corso legali sono emesse
contestualmente ai prestiti e quindi rappresentano semplicemente il credito
del prestatore ed il debito del prestatario. che infatti:
"dhana" non è gratuita, dal momento che per ottenerla è necessario versare 312
euro ogni 100 "dhana"; Nessuna norma nazionale o internazionale
stabilisce che una moneta possa essere ottenuta gratuitamente. ed è convertibile con azioni o quote di capitale detenute dai soggetti che
la garantiscono, cosi come tali azioni o quote sono convertibili in
"dhana", sicché l'investimento proposto attraverso l'offerta di
"dhana" riguarda, sia pure indirettamente, azioni o quote di
partecipazione al capitale di queste società; A parte il fatto che Dhana
è convertibile con azioni o quote di capitale detenute dai soggetti che
garantiscono Dhana ma non con le stesse azioni o quote che la garantiscono (i
soggetti che garantiscono Dhana non hanno solo le azioni o quote date in
garanzia ma anche altre), la convertibilità è offerta a favore di chi detiene
Dhana la quale, non producendo interessi, può essere così convertita in
titoli che possono produrre un reddito. che quanto alla
responsabilità della società Avatar, la Corte d'appell0 - con logico e
motivato apprezzamento delle risultanze di causa - è pervenuta alla conclusione
secondo cui quella svolta dall'opponente è stata una attività sollecitatoria all'investimento, nella quale il
ruolo di diffusore di messaggi
promozionali è emerso non solamente dalle
comunicazioni, fatte alle banche, dell'emissione di "dhana" nell'
ambito dei progetti di Holos Global System (consistenti in trenta iniziative di carattere
politico e sociale, tra le quali la "Repubblica della Terra" e
"dhana", la sua moneta), ma anche da diversi siti Internet (ad essa riconducibili),
ove erano contenuti sia messaggi promozionali, sia documentazione
contrattuale finalizzata a rendere possibile il perfezionamento a distanza
del contratto di acquisto di "dhana"; Avatar ha inviato un fac-simile di biglietto Dhana
alle banche italiane per pura informazione e senza sollecitare nulla. Inoltre
nessuno dei siti Internet che rendono possibile l’adesione a Dhana è
riconducibile ad Avatar. Avatar ha semplicemente dato notizia di Dhana come
hanno fatto migliaia di altri siti nel mondo. che i ricorrenti deducono
la loro assenza di responsabilità nella emissione, garanzia e diffusione di
"dhana" da parte della società Avatar, ma in violazione del
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione - neppure indicano
quali risultanze probatorie, decisive per una diversa soluzione della
controversia, il giudice del merito avrebbe male o insufficientemente
valutato; Si tratta di una tautologia invero capziosa. È il
giudice del merito che non ha mai dimostrato (perché non è possibile) la
responsabilità degli amministratori di Avatar in relazione a Dhana. che pertanto, in questa
parte le critiche dei ricorrenti - oltre a risolversi, inammissibilmente,
nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e
nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze
probatorie che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito - non
tengono conto del fatto che il sindacato di legittimità ex art. 360, n. 5,
cod. proc. civ. è
limitato al
riscontro estrinseco della presenza di una congrua ed esaustiva motivazione
che consenta di individuare le ragioni della decisione e l'iter argomentativo
seguito nella sentenza impugnata; Non esistono risultanze probatorie che dimostrino
la responsabilità degli amministratori di Avatar rispetto a Dhana. che infine, le doglianze
relative all'entità della sanzione irrogata entro i limiti di legge sono
palesemente inammissibili, non essendo questa Corte abilitata (cfr. Cass.,
Sez. I, 24 marzo 2004, n. 5677) a operare una nuova determinazione della
relativa misura in presenza di una valutazione - quale quella operata nella
specie dal giudice del merito - che ha dato congruamente conto della
correttezza delle sanzioni in concreto irrogate, essendo queste state
ritenute commisurate alla gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai
suoi elementi oggettivi e soggettivi; Nessuno ha mai subito danni né ha mai denunciato
di aver subito danni né rispetto a Dhana né tanto meno per responsabilità di
Avatar. che pertanto, il ricorso
deve essere rigettato; che le spese del giudizio
di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza; che invece non può trovare
ingresso la richiesta di condanna al risarcimento dei danni per
responsabilità processuale aggravata, essendo questa stata presentata dalle
Amministrazioni controricorrenti per la prima volta in cassazione per danni
che non si riconnettono esclusivamente alla fase di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il
ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese
processuali sostenute dalle Amministrazioni controricorrenti, che liquida in
complessivi euro 10.000 per onorari, oltre alle spese prenotate e prenotande
a debito. Cosi deciso in Roma, nella
camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di
Cassazione, il 16 novembre 2011. Il Consigliere
estensore Il
Presidente Si
dice spesso che le sentenze si rispettano sempre anche quando sembrano
errate. Ma, è un errore. A causa di sentenze “errate”, milioni di persone,
anche in Italia, sono state incarcerate ingiustamente ed altre sono state
giustiziate. Perché anche la giustizia è una forma ideologica che dipende
dalla struttura e nell’attuale struttura la giustizia dipende anche dall’interesse,
dal potere e dal denaro. Per risolvere
definitivamente la questione di Dhana e tutte le tautologie ad essa
ricollegate, si precisa quanto segue. Innanzitutto, nessuna
norma del diritto internazionale vieta l’emissione di moneta privata senza corso
legale. L’articolo 17 della «Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani», approvata dall’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, stabilisce che «Ogni individuo ha il
diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.» e
che «Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua
proprietà». Poiché la moneta è un bene economico intermediario
negli scambi quale misura di valore e mezzo di pagamento, come tutti i beni
economici può essere oggetto di proprietà.
Il primo comma dell’art. 42 della Costituzione della Repubblica Italiana sancisce che «La
proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad
enti o a privati».
Aderendo a tali principi,
il codice civile italiano stabilisce: - all’art. 1277, che «I debiti pecuniari si
estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento
e per il suo valore nominale. E che «Se la somma dovuta era determinata in
una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve
farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima.»; - all’art. 1278, che «Se
la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello
Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio
nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento»; - ma anche, all’art. 1279,
che «La disposizione dell'articolo precedente non si applica, se la moneta
non avente corso legale nello Stato è indicata con la clausola
"effettivo" o altra equivalente, salvo che alla scadenza
dell'obbligazione non sia possibile procurarsi tale moneta». Ebbene, a parte il fatto
che è emessa da un ente extragiurisdizione non sottoposto ad alcuna sovranità
statale, Dhana è una moneta privata, senza corso legale, interamente
garantita fin dall’emissione da (pegni su) capitali di imprese per un valore
nominale equivalente ad un grammo di platino per una Dhana. È una moneta alternativa
alle monete a corso legale prive di qualsiasi valore reale (se la moneta a
corso legale avesse valore reale non avrebbe bisogno del corso legale). Ma, sono comprensibili le
… incomprensioni. In una lettera del 25 giugno 1863, scritta da «Rothschilds’ Brothers,
Bankers, London, England», a «Messrs. Ikelheimer, Morton and Vandergould, No. 3 Wall Street,
New York, U.S.A:» si legge: Dear Sirs: A Mr. John Sherman has written us from a town in Ohio, U.S.A., as to
profits that may be made in the National Banking business, under a recent act
of your Congress; a copy of this Act accompanies this letter. Apparently this
Act has been drawn up on the plan formulated by the British Bankers
Association, and by that Association recommended to our American friends, as
one that, if enacted into law, would prove highly profitable to the banking
fraternity throughout the world. Mr. Sherman declares that there has never been such an opportunity for
capitalists to accumulate money as that presented by this Act. It gives the
National Bank almost complete control of the National finance. The few who
understand the system he says will either be so interested in its
profits, or so dependent on its favours, that there will be no opposition
from that class, while on the other hand, the great body of the people,
mentally incapable of comprehending the tremendous advantages that capital
derives from the system, will bear its burden without complaint, and perhaps
without even suspecting that the system is inimical to their interests…. Your respectful servants, ROTHSCHILD
BROTHERS Tradotta in italiano, la
parte finale della lettera dice che «Pochi comprenderanno questo sistema,
coloro che lo comprenderanno saranno occupati nello sfruttarlo, il pubblico
forse non capirà mai che il sistema è contrario ai suoi interessi». Nello stesso senso, Henry
Ford scrisse «È un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del
nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse credo che
scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina». Per quanto riguarda il corso legale della moneta,
rispetto al quale Dhana si pone come alternativa, sarà sufficiente ricordare
l’articolo dal titolo «Abbasso il corso legale», con il quale
Friedrich August von Hayek, «Premio Nobel per l'economia» nel 1974,
esorta ad abolire ogni moneta a corso legale, come ha ribadito con il libro «Denationalisation
of Money: An Analysis of the Theory and Practice of Concurrent Currencies»
del 1976. L’alternativa non è fra
moneta di stato o moneta privata controllata da poche persone, fra sovranità
monetaria statale o privata (di pochi). L’alternativa è fra moneta a corso
legale priva di ogni valore reale o moneta interamente garantita da valore
reale – che rappresenti il valore del lavoro futuro necessario a produrre i
beni e servizi che con quella moneta saranno scambiati – emessa per conto dei
lavoratori ed assegnata in parti uguali fra tutti gli abitanti del pianeta.
Con un limite massimo di emissione per evitare inflazione e quindi perdita di
potere d’acquisto. Le idee di Hayek, per quanto riguarda la moneta,
sono state poi condivise anche di recente da diversi altri premi Nobel per
l’economia: Franco Modigliani (1985), Amartya Sen (1998), Robert A. Mundell
(1999), Joseph E. Stiglitz (2001) e Paul Krugman (2008), solo per ricordarne
alcuni. Tutti questi personaggi sostengono che la moneta a
corso legale sia la causa della perdita di potere d’acquisto del bene
moneta e, aggiungiamo noi, della perdita di valore riconosciuto al
lavoro. Si consideri che, attualmente, la massa monetaria in circolazione nel
mondo ha un valore nominale equivalente ad oltre tre milioni di miliardi di
US dollari, cinquanta volte il valore del prodotto lordo annuale mondiale
(PIL) e superiore addirittura al valore di tutti beni presenti sul pianeta. «Con la moneta si governa il mondo», disse
Henry Kissinger. Ed è vero. Quindi, poiché il mondo non è fatto solo di
quella decina di persone che controllano la maggior parte della moneta a
corso legale in circolazione, ma di quasi sette miliardi di esseri umani,
sembrerebbe giusto che la moneta fosse equamente ripartita fra di essi. È
quello che si propone Dhana. E poiché non è possibile garantire tutta la massa
monetaria necessaria a questo scopo con metalli preziosi o altre risorse
naturali, si è scelto di garantire Dhana con capitali di imprese (posti a
pegno) per un valore nominale equivalente ad un grammo di platino per ogni
Dhana emessa. La novità è che invece di scrivere un libro sulla materia (di
solito, le teorie sono poi sempre attuate in modo difforme dall’originale),
si è agito concretamente, emettendo la moneta e garantendola. Quanto sopra dovrebbe bastare per chiarire una
volta per tutte la questione di Dhana. Naturalmente, restano coloro che hanno capito benissimo
ma “disapprovano”. Per maggiori informazioni,
si rimanda ad un testo
del 2007 |