Ma … La struttura di un
sistema complesso, cioè il modo in cui sono organizzate le sue parti, si
rompe quando la maggioranza delle parti rischia l’annientamento pur essendo
potenzialmente in grado di evitarlo. Questa regola riguarda anche la specie
umana e la natura della quale fa parte. La natura ha fin dall’origine una
struttura selettiva nella quale una parte dei suoi elementi, spesso la
maggioranza di essi, è sacrificata in funzione dell’evoluzione del sistema
nel suo insieme. Oggi e da alcuni decenni, la specie umana ha raggiunto uno
sviluppo che rende inutile la selezione e le consente di superare la
struttura originaria. Una nuova struttura può consentire alla specie umana
(sotto-sistema della biosfera) di realizzare il massimo sviluppo compatibilmente
con la sostenibilità della biosfera (a sua volta sotto-sistema della natura
nel suo insieme). Nel XX secolo, soprattutto dalla metà degli anni
sessanta, la scienza ha aumentato in misura esponenziale rispetto al passato
la capacità produttiva del lavoro umano. L’aumento della capacità produttiva
(con la tecnologia) ha provocato l’incremento del capitale costante (mezzi di
produzione) e la riduzione del capitale variabile (forza-lavoro). L’aumento
del capitale fisso ha aumentato la produttività, riducendo il pluslavoro,
quindi il plusvalore e quindi il profitto (che può derivare solo dal
pluslavoro nel processo di produzione). La riduzione dei profitti ha indotto
ad impiegare i profitti precedenti nella produzione di beni improduttivi
(edilizia, beni superflui, etc.) ed in attività speculative. La
finanziarizzazione ha accelerato la concentrazione della ricchezza sotto
forma di pseudo-capitale (invece di capitale rappresentato da mezzi di
produzione). Ma i redditi
finanziari non hanno alcun valore se non sono sostenuti dai profitti ed i
capitali finanziari accumulati non hanno alcun valore se non rappresentano
beni reali. Per aumentare i profitti bisognava aumentare il plusvalore e per
dare valore ai capitali finanziari bisognava accumulare nuova ricchezza reale.
Quindi bisognava riprendere l’aumento della produzione. Per aumentare la
produzione ed il plusvalore bisognava ridurre i salari. Per ridurre i salari
si è fortemente aumentata la delocalizzazione. Per sostenere lo sbocco della
produzione si è dovuto espandere il credito al consumo. Ma i redditi finanziari hanno superato i profitti
(che dovrebbero comprendere i redditi finanziari, per interessi, etc.) ed i
crediti sono diventati inesigibili. Per coprire le perdite si è creata moneta
in eccesso rispetto al valore reale della produzione. Per riparare gli
effetti dell’industrializzazione della produzione si è industrializzato il sistema monetario. Ma la diffusione dell’eccesso di moneta provoca
inflazione con la conseguente perdita di valore della ricchezza finanziaria
concentrata. Perciò, la finanza è stata scollegata dall’economia reale.
L’unica possibilità per conservare il valore (apparente) della ricchezza
finanziaria era valorizzarla (realmente) con ulteriore compressione dei
salari e maggior profitto. Così, dopo la concentrazione della ricchezza è
iniziata la socializzazione delle perdite. Ma in questo modo si sono compressi
eccessivamente i consumi e quindi la produzione, mettendo in moto un circolo
vizioso con conseguente riduzione del valore del lavoro al di sotto del
livello di sussistenza e della soglia di riproduzione delle forze del lavoro.
Così il conflitto fra livello di sviluppo (produttività) delle forze
produttive e rapporti economici (proprietà dei mezzi di produzione) si è
trasformato in conflitto fra livello di sviluppo delle forze produttive e
rapporti finanziari (proprietà di denaro senza valore reale). Perciò, mentre
in passato per cambiare i rapporti economici si poteva partire dalla
socializzazione dei mezzi di produzione, oggi si può partire dalla
socializzazione della moneta. Ma poiché l’eccesso di moneta rispetto ai beni
prodotti non rappresenta altro che il lavoro futuro necessario a produrre i
beni che con quella stessa moneta potranno essere scambiati e poiché questo
eccesso di moneta è superiore al lavoro che le forze del lavoro sono in grado
di produrre nel corso della loro esistenza, per socializzare la moneta
bisogna abolire tutta la moneta esistente e sostituirla con una moneta del
lavoro con un limite massimo di emissione da assegnare in parti uguali fra
tutti gli abitanti (lavoratori e consumatori) del pianeta. Così inizia il
passaggio alla struttura cooperativa. Giovedì, 26 aprile 2012
Rodolfo Marusi Guareschi |
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