Dalla coscienza della realtà alle soluzioni impensabili Per la prima volta, la sopravvivenza dell’intera umanità è in pericolo. Alcuni eminenti scienziati prevedono l’estinzione della specie umana addirittura entro il 2100. La situazione era prevedibile ed in realtà è stata da tempo prevista. Non si tratta di catastrofismo ma di una probabilità fondata su elementi oggettivi della quale la comunità scientifica ha sempre maggiore consapevolezza. La previsione non sarebbe provocata da una catastrofe naturale determinata da una pandemia o dall’impatto di un corpo proveniente dallo spazio e nemmeno da una guerra nucleare o da una nostra perdita di controllo su esseri artificiali intelligenti. Queste cause potrebbero decimare l’umanità ma non provocare la nostra completa estinzione. La causa principale sarebbe invece l’insostenibilità ambientale provocata dal sistema economico. Sarebbe necessario un allarme planetario ma informare sulla situazione significherebbe mettere in discussione l’attuale sistema di potere e per questo si nasconde la realtà. Il carattere dei rapporti economici ed il modo di produzione rispetto ai limiti della natura sono stati ampiamente dimostrati e denunciati ma, a parte le parole e gli impegni, non abbiamo fatto ciò che era necessario. Si doveva smettere di produrre per il profitto e per la rendita di pochi invece che per soddisfare i bisogni fondamentali di tutti. Si doveva smettere con sprechi e consumi superflui a fortissimo impatto ambientale mentre sette persone su dieci stavano sempre peggio. Si doveva smettere di inquinare il suolo, l’acqua e l’aria. Si è invece cercato di convincere i popoli che la disuguaglianza sociale sia naturale ed ineluttabile e che il massimo arricchimento e gli eccessi di una minoranza fossero utili a tutti. Si è cercato di attenuare artificialmente le ingiustizie pur conservando il sistema, senza considerare che rendere sopportabile l’ingiustizia consolida l’ingiustizia stessa la quale, quando supera un certo limite, diventa intollerabile sia per la maggioranza degli esseri umano sia per la natura. E così si passa dalle guerre per il controllo delle risorse all’esaurimento delle risorse. I rapporti economici sono quasi al punto di rottura fra la minoranza che ha di più e consuma il superfluo e la larga maggioranza che ha troppo poco o nulla. Il 10% della popolazione mondiale ha oltre l’85% della ricchezza complessiva, il 2% ha oltre il 50%, l’1% da solo ha una ricchezza pari a 65 volte il totale della metà più povera, il reddito annuale di sole 85 persone è pari al totale della metà più povera (oltre 3,5 miliardi) della popolazione. Dal 2009, l’uno per cento più ricco della popolazione si è arricchito mentre il 90% si è impoverito. Dalla metà degli anni settanta del XX secolo, la rendita finanziaria assorbe non soltanto una parte dei profitti derivanti dal plusvalore prodotto dall’economia reale ma anche ricchezza direttamente dalla società. I risultati sono il progressivo aumento della ricchezza di pochi al quale corrisponde il progressivo impoverimento di tutti gli altri. Il superamento della sostenibilità ambientale è considerato irreversibile a meno che non si modifichi radicalmente ed immediatamente il nostro rapporto con la natura. Da circa trent’anni stiamo utilizzando più risorse naturali di quante il pianeta possa rigenerare. Il processo di sovra utilizzo procede in progressione geometrica. Nel 2013 abbiamo utilizzato in 232 giorni le risorse che il pianeta riesce a rigenerare in un anno. Praticamente, noi utilizziamo le risorse che dovrebbero servire alle future generazioni. Continuando così, entro il 2030 servirebbero due pianeti. Le emissioni di gas nell’atmosfera provocano l’aumento della temperatura media del pianeta. Si prevede un aumento di un grado entro il 2030, di due gradi entro il 2050 e fino a sei gradi entro il 2100. Quattro quinti delle emissioni sono generati dai consumi del quinto più ricco della popolazione mondiale, la metà delle emissioni solo dall’uno per cento più ricco. Un aumento di oltre due gradi della temperatura globale sarebbe catastrofico per l’intera umanità, sia per gli effetti sulle nostre condizioni biologiche sia perché ridurrebbe enormemente la disponibilità di acqua e la produzione agricola ed impedirebbe quasi tutte le altre attività necessarie alla nostra vita. Sarebbe come se gli oltre otto miliardi di persone previsti nel 2030 si trovassero nelle condizioni in cui è vissuto l’essere umano prima di acquisire la capacità di produrre cibo, quando la popolazione del pianeta era di circa un milione. Il superamento della capacità della natura di rigenerare le risorse che utilizziamo e l’eccessivo surriscaldamento del pianeta sarebbero quindi le vere cause della nostra fine. L’estinzione non sarebbe istantanea ma richiederebbe alcuni decenni nel corso dei quali la sopravvivenza sarebbe sempre più difficile e si passerebbe inevitabilmente dalla sofferenza alla disperazione al definitivo annientamento. I responsabili di questa situazione siamo, chi più chi meno, tutti noi adulti. E di questa responsabilità dobbiamo rispondere ai nostri giovani ed alle future generazioni. Per affrontare questa condizione e tentare di cambiare le previsioni, occorre una svolta rapida e radicale, qualcuno dice estrema, con soluzioni fino ad ora considerate impensabili. Non servono tante belle parole né inutili speranze o facili illusioni fondate sull’ignoranza e sulle superstizioni. Poiché «non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza» e poiché le risorse del pianeta non sono illimitate, bisogna cambiare i rapporti fra tutti noi e fra noi e la natura. È necessario e possibile. Per compiere una svolta, bisogna darsi un piano che coinvolga tutta l’umanità, con obiettivi comuni, soluzioni, strumenti, organizzazione e strategia per metterle in pratica. I due obiettivi comuni fondamentali dovrebbero essere: 1) ripristinare l’equilibrio della natura entro i suoi limiti e cioè utilizzare una quantità di risorse e di energie non superiore a quella che il pianeta riesce a rigenerare; 2) permettere ad ogni essere umano di soddisfare i bisogni necessari per vivere e realizzare il massimo sviluppo individuale e cioè il massimo benessere materiale e spirituale possibile. Le soluzioni per realizzare questi obiettivi possono essere: - smettere di usare le risorse e le energie naturali non rinnovabili per produrre beni superflui; - ridurre drasticamente i consumi non necessari alla vita ed allo sviluppo dell’essere umano; - ridistribuire equamente la ricchezza ed impiegarla innanzitutto per liberare l’umanità dalla povertà e dall’ignoranza; - produrre per soddisfare i bisogni di tutti in ordine di priorità e non per il profitto di pochi; - permettere ad ogni essere umano di avere quel che gli serve per vivere e svilupparsi; - produrre, distribuire e consumare con il minimo impatto ambientale; - compiere il massimo sforzo nella ricerca dei modi più efficaci per utilizzare energie rinnovabili; - eliminare il più rapidamente possibile dal pianeta gli agenti inquinanti che noi stessi abbiamo prodotto e prevenire per quanto possibile i disastri naturali. Gli strumenti indispensabili per attivare queste soluzioni sono: - un sistema di credito sulla fiducia senza interessi per l’economia reale; - una moneta che riporti il denaro alla sua funzione originaria di mezzo di scambio. L’organizzazione più adatta per utilizzare questi strumenti richiede: - un sistema di governo realmente democratico di tutti gli abitanti del pianeta; - libere associazioni di lavoratori-produttori che partecipano direttamente alla gestione delle attività economiche. Infine, la strategia. Il sistema attuale fondato sugli stati e sulle banche non mette a disposizione gli strumenti indispensabili. Gli stati, per loro natura, non sono al servizio dei popoli. Essi hanno come obiettivo principale la loro conservazione e le scelte dei governi dipendono da chi possiede più ricchezza. Salvo eccezioni, il sistema bancario opera nell’interesse dei suoi maggiori azionisti, cioè della finanza, e non dell’economia reale. Come tutta la storia dimostra, protestare e manifestare contro stati e banche non serve a nulla. E questo perché chi controlla il denaro controlla il mondo, comprese le elezioni nei sistemi democratici. Al massimo, si riesce ad ottenere una promessa di cambiamento ma in realtà tutto rimane sempre come prima. E questo è accaduto sempre sia con la moneta emessa dagli stati sia con la moneta emessa dalle banche. Quindi bisogna utilizzare questi strumenti al di fuori degli stati e delle banche. Il primo strumento può essere un sistema di credito per l’economia reale. Per questo è stato istituito EkaBank, un sistema di credito alternativo alle banche per finanziare l’economia reale sulla fiducia, senza garanzie, senza interessi e senza spese. Mediante EkaBank è possibile dare denaro a chi ne ha bisogno per vivere ed a chi lo vuole usare per lavorare e produrre. EkaBank può essere utile ad almeno il 90% della popolazione mondiale e poiché consentirebbe di realizzare i due obiettivi comuni fondamentali sopra indicati, sarebbe utile anche al restante 10%, perché, in fondo, anche questo potrebbe continuare a vivere sul pianeta. Se si condividono i due obiettivi fondamentali e le soluzioni sopra indicate, i tempi di diffusione di questo sistema possono essere rapidissimi. Non ci sono altre possibilità che possano portare a risultati concreti. Il secondo strumento è una moneta che riporti il denaro alla sua funzione originaria di mezzo di scambio come è stato in origine, quando si dava merce in surplus per avere il denaro da dare per avere merce di cui si aveva bisogno. Da quando la moneta è servita per avere più denaro (denaro contro merce da dare in cambio di più denaro) ed ancora di più da quando si da denaro in cambio di altro denaro per avere più denaro, la moneta è diventata dapprima un mezzo per sottrarre valore al lavoro e poi un mezzo per sottrarre valore all’intera società. Poiché il denaro dovrebbe rappresentare il valore dei beni e poiché la misura del valore dei beni è il lavoro, la nuova moneta dovrebbe essere la moneta del lavoro, cioè una moneta emessa per conto dei lavoratori. Per questo è stata emessa Dhana, una moneta che rappresenta il lavoro già incorporato nei beni prodotti ed il lavoro necessario a produrre in futuro i beni da scambiare con quella stessa moneta. Una Dhana vale un’ora di lavoro medio su tutto il pianeta. Questa moneta deve essere assegnata in parti uguali fra tutti gli abitanti del pianeta con almeno 16 anni di età e deve avere un limite massimo di emissione, salvo una percentuale da destinare ad iniziative umanitarie. Per avere un sistema di governo globale realmente democratico bisogna istituire una repubblica universale alla quale tutti possano partecipare. Dal 2001, esiste la Repubblica della Terra, un sistema di governo democratico al quale possono partecipare tutti gli abitanti del pianeta con almeno 16 anni di età. La Repubblica della Terra non è un superstato ma un’organizzazione che nasce e si sviluppa direttamente dalla società civile come nuovo ordine comunitario post-statale. Mercoledì, 19 marzo 2014 |