Lettera agli italiani Giovedì, 19 maggio 2011 Scrivo questa lettera, che cercherò di far giungere
al maggior numero possibile di italiani, soggetti privati e pubblici, per
informarli sui fatti che hanno provocato un forte pregiudizio nei miei
confronti. Cerco di farlo nel modo più sintetico possibile, rinviando ogni
approfondimento e dimostrazione ai links collegati a questo testo. Non scrivo
per interesse personale ma per denunciare che in Italia non si vuole alcun
cambiamento. Un cambiamento che invece è possibile. Albert Einstein disse che «è più facile
scindere l’atomo che vincere il pregiudizio». Poi aggiunse che «se in
un primo momento l’idea non è assurda, allora non c’è nessuna speranza che si
realizzi.» L’unico modo per estirpare il pregiudizio è l’uso della
verità, spiegando e dimostrando i fatti a chi li vuole conoscere. Tento di
farlo. Nel
1985, fondo il Gruppo
Carisma. È un’organizzazione formata da una trentina di società che
progettano e producono macchinari ed impianti per diversi settori di
attività, secondo le esigenze delle imprese clienti. I beni sono forniti
direttamente o in leasing. Applicando
le norme fiscali vigenti e secondo i pareri di alcuni fra i maggiori esperti
in diritto tributario, alle imprese clienti e/o ai loro soci sono
riconosciute erogazioni di denaro a fondo perduto, fiscalmente esenti, pari
alla maggior parte del valore aggiunto dei beni forniti, alla sola condizione
che le erogazioni vengano impiegate nelle stesse imprese o in altre attività
economiche gestite dai loro soci. In
questo modo, le imprese italiane che operano nell’economia reale possono
compiere investimenti ed avere un ritorno immediato anche superiore al costo
effettivo degli investimenti stessi (per costo effettivo si intende il costo
di acquisto dei beni meno la relativa detrazione fiscale sulle quote di
ammortamenti o sui canoni di leasing). Il tutto applicando la legge, in modo
trasparente e senza «nero». Le società del Gruppo Carisma, non hanno
dipendenti ma operano attraverso i loro amministratori e collaboratori
esterni con contratti di lavoro coordinati e continuativi. Per
svolgere la loro l’attività,
le società del gruppo devono avere rapporti fra di loro, cioè vendite di beni
e prestazioni di servizi infragruppo, in relazione ai quali vengono emesse le
relative fatture, fiscalmente del tutto neutrali perché al costo per la
società che riceve beni e servizi corrisponde un ricavo dello stesso importo
per la società che cede i beni e presta i servizi. Lo stesso vale per
l’imposta sul valore aggiunto: a debito per la società che emette la fattura
ed a credito per la società che la riceve. Ogni fattura deve ovviamente
essere dichiarata sia dalla società che la emette sia da quella che la
riceve. è sempre stato fatto e
non è mai stato contestato il contrario. L’iniziativa
ha successo e si sviluppa rapidamente. All’inizio del 1989 tutte le attività
del gruppo vengono concentrate in un’unica sede, un’antica
villa da tempo disabitata, acquistata da Carisma S.p.A. e ristrutturata in
pochi mesi, successivamente integrata con altri fabbricati ad uso magazzino. Il 15
marzo 1989, inizia una verifica fiscale nei confronti di tutte le società del
Gruppo Carisma. Attraverso i controlli incrociati, viene accertata l’assoluta
correttezza dei rapporti con clienti e fornitori. È allora che, non avendo
accettato di pagare tangenti, invece di chiudere la verifica senza
contestazioni, vengono contestate tutte le fatture infragruppo, considerate
relative ad operazioni inesistenti perché le società non occupano dipendenti. Da
questa prima verifica trae origine un contenzioso
fiscale che nel tempo assume dimensioni enormi, con riflessi sullo stesso
bilancio dello Stato. I
primi avvisi di accertamento sono notificati nel giugno 1991, negli ultimi
giorni prima dell’entrata in vigore del condono fiscale, e sono annullati
dalle commissioni tributarie, mentre i relativi procedimenti penali si
concludono con sentenze di assoluzione piena. Ciò
nonostante, da allora si continua contestare e ad emettere atti di
accertamento per gli stessi motivi ritenuti infondati dai giudici tributari e
penali. A
causa delle esecuzioni esattoriali derivanti dagli accertamenti, fallisce
Carisma S.p.A. ed in vent’anni si fa di tutto per espropriare la sede del
gruppo. Fino ad ora inutilmente. Nel
1990, faccio compiere da una società del Gruppo Carisma una ricerca per
verificare, in collaborazione con le relative ambasciate, la domanda
solvibile in 180 Paesi. In due anni viene individuata la possibilità di
vendere all’estero beni per un valore di oltre 1,2 milioni di miliardi di
lire l’anno. Con i soggetti esteri, pubblici e privati, vengono stipulati
accordi di vendita pluriennale (da tre a cinque anni) ad inizio di consegna
differita per il tempo necessario a produrre i beni da esportare e spesso con
pagamenti in clearing (compensazione). Nel
1991, propongo il progetto Stellar,
un sistema informatico interattivo via etere da diffondere su tutto il
pianeta per avere in tempo reale una risposta a qualsiasi domanda per la
quale esista già una risposta. In quel tempo, non esistevano ancora Internet
ed il Web. Il progetto nasce in Italia e costa circa 10.000 miliardi di lire.
Trovo le risorse ma viene impedito di capitalizzare la società italiana che
dovrebbe realizzare il progetto. Una delle motivazioni è che con questo progetto
si potrebbero conoscere in tempo reale le quotazioni di borsa che in quel
tempo venivano diffuse in differita per consentire ad alcuni privilegiati di
trarne vantaggio. Nel
1992 propongo Rinnovamento,
un progetto nazionale di riforma e sviluppo che presenta propri candidati
alle elezioni politiche del 5 aprile 1992. Il progetto viene inviato per
posta a quasi venti milioni di famiglie italiane. Con un pretesto, le liste
presentate vengono quasi tutte escluse, perché «Rinnovamento non deve
partecipare alle elezioni». La Camera dei deputati ed il Senato della
Repubblica rigettano i reclami, contraddicendo le loro stesse precedenti decisioni.
Lo stesso accade anche nel 1994 e nel 1996. Fra le
iniziative di Rinnovamento c’è un progetto
economico nazionale per lo sviluppo e l’occupazione. Esso prevede 19.050
nuove imprese, per la maggior parte nelle zone meno sviluppate del Paese. Le
risorse sono assicurate da soggetti privati che accettano di investire in
Italia anticipando i crediti derivanti dalle vendite dei beni prodotti dalle
nuove imprese. Con quelle imprese, si sarebbero potuti produrre i beni da
esportare nei 178 Paesi nei quali erano stati fatti gli accordi di vendita. Propongo
il progetto ai sindaci di 6.800 degli 8.100 comuni italiani. Rispondono di
essere interessati ma mancano i suoli edificabili (mancano addirittura i
piani regolatori) sui quali realizzare le nuove unità produttive. Per
otto anni continuo a far tenere aggiornato il progetto finché, nel mese di
luglio del 2000, alcuni comuni del Sud e delle isole comunicano di poter
mettere a disposizione i suoli e che, per procedere più rapidamente con
l’assegnazione degli stessi, è opportuno presentare i progetti sulla legge n.
488 del 1992. Fra
settembre ed ottobre, i suoli che possono essere assegnati sono quasi 500. I
progetti devono essere presentati entro il 31 ottobre 2000. Così, fra il 20
ed il 21 ottobre 2000, faccio costituire 456 società, con sede legale
provvisoria per metà a Parma e per metà a Reggio Emilia ed entro il termine
vengono presentati i relativi progetti, ciascuno dei quali, uno diverso
dall’altro, prevede un investimento di 50 miliardi di lire. Ogni società
dovrà poi trasferire la sede nel comune in cui sarà realizzata l’unità
produttiva. Per
avere la massima probabilità di essere ammessi, si richiede il contributo a
fondo perduto più basso che sia mai stato chiesto: il 22% della spesa,
praticamente l’IVA sugli investimenti previsti. Il 30
novembre 2000, per accelerare la realizzazione dei nuovi impianti, ogni
società riceve dai soci, tramite bonifici eseguiti da una primaria banca
italiana, versamenti in conto aumento capitale pari alla differenza fra la
spesa prevista ed il contributo chiesto, per un totale di circa 8,5 miliardi
di euro (euro, non lire). Il 14
dicembre 2000, parte una campagna di stampa contro i progetti e sono
presentate interpellanze parlamentari perché il contributo chiesto assorbe
tutti i fondi disponibili. Allora,
scrivo al Ministro dell’Industria che le società possono rinunciare anche a
tutto il contributo richiesto; l’importante è che siano ammesse in
graduatoria per poter avere rapidamente accesso ai suoli messi a disposizione
dai comuni. Inutile.
Quelle imprese non si devono fare e con dei pretesti tutti i progetti sono
esclusi dalla graduatoria. I ricorsi delle società sono pendenti, dal 2001,
al TAR di Roma. Alla
fine del 2000, presento il Progetto Holos, con
iniziative da
realizzare in ogni Paese. Dopo dieci
anni di insistenze e di chiarimenti, riesco ad avere a disposizione le
risorse per realizzarlo: migliaia
di miliardi di dollari. A tre condizioni, stabilite, prima che per iscritto,
con delle strette di mano: garanzia di anonimato dei finanziatori fino a
quando il progetto non sia realizzato; destinazione delle risorse
esclusivamente per attuare il progetto e non per provocarne la necessità;
restituzione integrale delle risorse se entro dieci anni il programma non sia
realizzato. Sono impegni che mantengo, come sempre. Il 17
gennaio 2001, vengo arrestato con l’accusa di aver concorso ad un tentativo
di furto telematico presso il Banco di Sicilia. Dopo 23 giorni di carcere, lo
stesso GIP di Palermo che aveva disposto l’arresto lo revoca, accogliendo una
mia memoria scritta a mano. Nel 2010, sono assolto per non aver commesso il
fatto. Il 14
giugno 2001, faccio emettere Dhana, un
moneta per l’economia reale. I primi sei miliardi di Dhana sono garantiti da
un pegno su azioni
per un valore nominale di 150 miliardi di euro (euro). La
Banca d’Italia non può fare nulla. Allora interviene la Consob, che considera
Dhana un prodotto finanziario e vieta alla società le cui azioni erano state
poste in pegno per la prima emissione (e che non ha mai fatto nulla per
questa moneta) di promuovere Dhana. Il
provvedimento di Consob,
oltre ad essere completamente illegittimo, non ha alcuna valenza, sia perché
è emesso nei confronti della società Avatar S.p.A. che non ha mai promosso
Dhana, sia perché Dhana non è un prodotto finanziario ma un mezzo di
pagamento, sia perché Dhana non è emessa in Italia. Interviene
«Striscia la notizia» la quale, pur essendo perfettamente informata
sulla iniziativa e sui suoi obiettivi, trasmette alcuni servizi su Avatar
S.p.A. e su Dhana, ingenerando il sospetto che si tratti di fantascienza o di
truffa. Da queste trasmissioni ha origine un procedimento penale che si è
risolto solo nel mese di luglio 2010 con un’archiviazione per insussistenza
di qualsiasi reato. Il ricorso contro la delibera della Consob è invece
ancora pendente presso il Consiglio di Stato, dopo che il TAR di Roma emette
una sentenza in assenza della ricorrente, alla quale non è mai stato
notificato l’avviso d’udienza, nel senso che non è mai uscito dagli uffici
del TAR di Roma. Nell’ottobre
del 2002, faccio riproporre i progetti già presentati nell’ottobre del 2000
ai comuni, fra cui quello di Lecce, che nel 2000 avevano messo a disposizione
i suoli. Il 18 febbraio 2003, il GIP di Lecce mi fa arrestare in relazione
alle domande presentate nel 2000 sulla legge n. 488 del 1992. Dopo 24 giorni,
il Tribunale del Riesame di Lecce mi libera e dopo cinque anni il Tribunale
di Lecce si dichiara incompetente per territorio. Nel
2003, presento il programma Holos
Global System, praticamente il primo Progetto Holos implementato con
nuove iniziative. E la stampa italiana continua la sua opera di denigrazione.
Senza mai leggere gli atti o facendo finta di non sapere. Il 14
febbraio 2004, pochi giorni dopo le prime trasmissioni di «Striscia la
notizia», il GIP di Palmi emette un’ordinanza di arresti domiciliari.
Sempre in relazione a progetti presentati nel 2000 sulla legge n. 488. Vado a
Palmi, spiego come stanno le cose e lo stesso GIP revoca l’ordinanza. Dopo
sei anni, il Tribunale di Palmi mi assolve d’ufficio. Il 2
febbraio 2005, la Corte d’Appello di Bologna, invece di dichiarare estinte
alcune pene relative a vecchie sentenze per fatti considerati commessi prima
del 1988 per le quali non si è voluta ammettere la revisione, ordina
l’esecuzione. Poi, la stessa Corte d’Appello si rende conto dell’errore e
revoca l’esecuzione. Non è
finita. Poiché, nonostante tutto, non mi sono mai fermato, si continuano
le aggressioni fiscali, con illegittimi accertamenti e riscossioni,
fallimenti, azioni giudiziarie ... Come dire, devi fermarti. In
sostanza, da che cosa deriva il pregiudizio? 1) da
un’aggressione fiscale che dura da vent’anni con emissione di oltre 4.000
atti di accertamento nei confronti di 492 società per un totale di oltre 27
miliardi di euro fra imposte interamente inventate, interessi e sanzioni (si
pensi che nei confronti di società che dal 1985 al 2008 hanno emesso fatture
per un totale di poco più di 160 milioni di euro sono stati accertati redditi
per oltre 40 miliardi di euro); 2) da
una serie di procedimenti penali, alcuni dei quali con l’arresto (con
ingiusta detenzione), che si sono risolti con l’assoluzione; 3) dalla disinformazione a mezzo
stampa e televisione. Ecco perché ho detto all’inizio
che non si vuole il cambiamento.
Non perché non sia possibile ma proprio perché non si vuole. È contro
l’interesse di pochi e, fino a quando sarà possibile, si cercherà di
mantenere le cose come stanno. Finché la gente non si
risveglia. Fino a quel momento, se una
persona onesta si impegna, in modo disinteressato, senza compromessi ed in
piena legalità, per il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche
generali e soprattutto di chi vive peggio, questo è il trattamento. Quanti possono avere il
coraggio e la forza di fare altrettanto? In concreto, pochissimi. Eppure, si può vivere tutti
meglio. Che cosa lo impedisce? Soltanto mancanza di tempo, debolezza,
ignoranza, paura, opportunismo, invidia, egoismo, ineducazione all’ascolto? O
altro? Me lo chiedo e lo chiedo da oltre quarant’anni. Qualche risposta l’ho
trovata. E continuerò a chiedere. Perché so più di prima quello che non so. Ma, a parte ogni elucubrazione, bisogna
affrontare la realtà. Carlo Marx sosteneva che «È nella pratica che
occorre che l'uomo esperisca sia la verità, ossia la realtà, sia la potenza
del suo pensiero. Qui ed ora.» E,
come è noto, aggiungeva che «I filosofi hanno fino ad ora interpretato
il mondo, si tratta adesso di trasformarlo.» Steven Hawking, forse il più grande fisico
vivente, nella prima pagina del suo ultimo libro, «The Grand Design»,
sostiene che «… la filosofia è morta, non avendo tenuto il passo degli
sviluppi più recenti della scienza e, in particolare, della fisica.
Così, sono gli scienziati a raccogliere la fiaccola nella nostra ricerca
della conoscenza.». Parafrasando
Hawking, si potrebbe dire che l’illusione e l’apparenza hanno fallito perché
non coincidono con la realtà, che spesso stravolgono, e sono le persone che
oltre a percepire la realtà per quella che è hanno anche idee, conoscenza e
volontà per affrontarla che, con il lavoro, possono innescare un concreto
processo di sviluppo e di generale miglioramento. Come
tutti sanno, l’Italia è da tempo in una fase di decadenza. Non solo economica
ma anche, come è naturale, sociale, civile, culturale, giuridica, politica e
morale. Una decadenza – si può dire un’involuzione – generale. Soprattutto
non sembra in grado di utilizzare le risorse del suo popolo. C’è un’enorme
differenza fra ciò che gli italiani potenzialmente potrebbero fare e quello
che fanno. Lasciamo
stare le cause. Sono più o meno note ma, se si continua a pensare alle cause
dei problemi senza tentare soluzioni possibili ed utili, i problemi non si
risolvono e si aggravano. Proprio la scienza (non solo la fisica,
naturalmente) ci insegna che solo modificando gli effetti si possono
rimuovere le cause stesse dei problemi. Dunque,
le idee, i progetti, ci sono, le risorse anche. Che cosa impedisce di
lavorare per costruire un futuro diverso da quello che altrimenti ci attende?
Qualche privilegio, boria, arroganza, tracotanza del potere, stupido
orgoglio, false convinzioni. Nient’altro, in realtà. Ma bisogna guardare la
foresta e non un solo albero. Nell’interesse di tutti. Si
può rilanciare l’economia italiana con nuove imprese, migliorare i consumi,
utilizzare nuovi sbocchi di mercato, dare una spinta allo sviluppo
complessivo ed universale della società italiana. Basta capire che è
necessario e volerlo. Superando i pregiudizi. Nuove imprese, lavoro, produzione, cultura, sviluppo. Rispettando l’ambiente. Questo è possibile. Per chi lo capisce e lo vuole, io ci sono. Rodolfo
Marusi Guareschi Holos Gloabl System - www.unigov.org - rmg@unigov.org Equity capital of group on April 10, 2011 EUR 22,861,259,050,453 |